Ho pensato che siamo tutti nel mare. Ci sono tre livelli nel mare. Il fondo, dove la luce del sole non arriva mai. Il resto del mare, dove la luce puó arrivare o non arrivare, e la superfice.
C'è chi parla della possibilità di uscire completamente dall'acqua, o volando in cielo o andando su una "terraferma". Magari quando muori. Io non so se questo è vero. Quello che so è che puoi uscire dall'acqua almeno con la testa, per respirare.
E le persone si dividono in tre categorie. Chi è nato per rimanere nel fondale, e la si sente a casa. Come molte creature abissali non può vedere la luce del sole neanche se gli arrivasse, perché non ha occhi. È contento di strisciare nel fondale, oppure di vivere placidamente ancorato. Magari si lamenta pure ogni tanto, ma la colpa sarà sempre degli altri, o delle circostanze. Non ha agenzia e responsabilità. Una sorta di spugna o muffa umana.
Quelli che nuotano non sopportano la schiacciante pressione di una "vita" simile, che è una forma di morte. Alcuni addirittuta si sentono soffocare. Il problema è che arrivare alla superfice e respirare è difficile. Le correnti ti sbalzano da una parte all'altra, e non arrivando la luce non riesci a distinguere con esattezza il basso dall'alto, il davanti dal dietro.
È per questo che la sabbia del fondale è magica: se la con i piedi ti basta "fare un salto" e andare nella direzione opposta.
Il fondo ti mostra la via anche quando ti trovi al buio. Anche se un'onda o una corrente ti ributtano giù, l'importante è non rimanere la a piangersi addosso, ad autocommiserarsi, a fare la muffa, ma saltare nuovamente.
Coloro che rimangono in eterno a metà tra il fondo è la superfice sono coloro che hanno visto la luce e la via ma non hanno ancora preso, momento dopo momento, giorno dopo giorno, la decisione di lottare per respirare con tutte le loro forze. È tutto la, è solo una questione di scelte.
Nella vita hai circostanze, e scelte. È sbagliato non assumersi le proprie responsabilità. Anche se sei costretto da circostanze spiacevoli, anche se sei come un seme non piantato nell'ambiente giusto, puoi sempre scegliere. E in realtà a lungo termine con le tue scelte puoi modificare anche le tue circostanze.
Quindi non c'è niente di male nel provare un po' di schifo verso se stessi. La vergogna può essere un segnale per indicarti che devi cambiare. Se negli altri certi comportamenti mi causano rabbia e indignazione, mi fa pensare a loro come inferiori e mi fa venire voglia di schiaffeggiarli, perché non dovrei fare lo stesso con me stesso? La vergogna è un problema solo quando la usi come scusa per stare fermo. "non valgo niente, non ce la farò mai, non vale la pena provarci". Per cui andrò avanti senza lasciarmi ponti alle spalle. Correrò ogni rischio necessario per crescere. È questa la croce, la chiave: la volontà di rischiare per cambiare. È per questo che molti non ci riescono e rimangono in un limbo perenne. Pensano che finché non sarà sicuro al 100% che avranno successo non vale la pena provarci. Rimangono attaccati a una vita misera, ai loro vizi, per paura. Io invece mi getterò nel vuoto, ogni giorno.